Negli Inni orfici vengono evocate come “melodiose fanciulle” quelle divinità della natura denominate Ninfe. Queste assumeranno molteplici aspetti, come le Sirene che per le loro virtù musicali vengono assimilate alle Muse. Sono considerate da alcune fonti infatti madri delle Sirene sia Tersicore, musa della danza, che Calliope, musa della poesia. Nella mitologia greca le troviamo in origine di aspetto mostruoso, col volto di donna e il corpo di uccello, e solo successivamente nel Medioevo il corpo si trasformerà assumendo il caratteristico aspetto di donna nella parte superiore e pesce nella parte inferiore con tanto di pinna, restando comunque un’incarnazione nefasta della seduzione che attirandoli con la loro ammaliante voce portava gli uomini alla morte.
Seguendo Omero si considera che dovessero abitare le coste sud occidentali d’Italia, e proprio presso quei mari Ulisse, dopo aver tappato con la cera le orecchie dei suoi compagni si fece legare all’albero della sua nave per poter ascoltare il canto delle Sirene senza per questo restarne vittima.
Anche nell’iconografia funeraria compaiono queste creature come incantatrici dei morenti che in virtù del loro canto vengono indotti a lasciarsi accompagnare nell’aldilà addolcendone il trapasso.
Molti poeti e pittori ascrivibili nel movimento del Romanticismo ebbero come oggetto queste Sirene abitanti dei mari; ma soprattutto fu il movimento artistico definito Simbolismo che dette vita a un mondo artistico e letterario popolato di creature soprannaturali e visioni provenienti dalle profondità dell’anima umana facendo ampio uso di simboli storici e mitologici all’interno delle loro opere. Questo movimento propriamente detto prese forma a ben vedere in Francia a metà dell’Ottocento come risposta al modo di intendere e vedere realtà degli impressionisti che rifletteva solo quanto l’occhio umano poteva percepire, mentre i simbolisti ricercavano la verità in ciò che l’osservatore percepiva interiormente. Per raggiungere lo scopo questi artisti e poeti, come Baudelaire, erano spesso dediti all’assunzione di sostanze che alterando gli stati di coscienza ordinari per evocare immagini poetiche dal processo creativo “capaci di estrarre la bellezza dal male”, oppure si rivolgevano a pratiche occulte per trarne ispirazione. Si voleva così ritornare, come spesso succede, a uno stato anteriore dell’anima, ad un ideale e remoto passato, al di là delle tradizioni, che offrisse la possibilità di recuperare la propria oggettiva umanità e goderne.
Ma fu la corrente dei Preraffaelliti, sviluppatasi ancor prima (1848) e con poco clamore, che meglio di tutti seppe interpretare i temi religiosi e mitologici ispirandosi a fonti pre-rinascimentali, anteriori cioè a Raffaello. La loro pittura derivante dalla poesia mitica, occulta, simbolista di Shakespeare, Blake, Tennyson e Poe, per citarne alcuni, si opponeva vigorosamente a una scienza sempre più emergente che non aveva nessun interesse all’esistenza dell’anima. Nel confine tra sogno e realtà si collocava dunque questo movimento artistico, a cui si sentiva di appartenere anche John Butler Yeats, il padre di William (1) uno dei fondatori della poesia moderna. Vero è che attraverso l’opera di pittori quali Dante Gabriel Rossetti e Edward Burne-Jones si riunificherà un movimento “filosofico” di artisti sparsi per l’Europa.
In Austria questi stessi contenuti, molto spesso contestati perché carichi di erotismo strettamente legato alla morte, erano racchiusi nell’opera di Gustav Klimt; in Svizzera, oltre a Füssli anche Arnold Büklin produrrà opere significative con questi temi, il più famoso dei quali è ‘L’isola dei morti’. Nella seconda generazione inglese la bellezza di questi temi si servirà spesso di figure mitiche e misteriose quali le Ninfe e le Sirene soprattutto attraverso l’opera di William Waterhouse che seguendo l’epica celtica del ciclo di Artù e la sua Camelot descritta da Alfred Tennyson, si collocherà in un contesto fiabesco fuori dal tempo e in situazioni cariche di sensualità.
Altri poeti e artisti ricercheranno in sé stessi e fuori di sé quel contesto mitico e ideale fuori dal tempo, proiettandolo nei diversi contesti di vita ed evocandolo attraverso quella classicità perduta che nell’immaginario collettivo, soprattutto anglosassone, viene rappresentato dai Paesi mediterranei e in special modo dall’Italia centrale cosparsa di antichità e dall’arte dei grandi maestri. Artisti come Claude Lorraine nel 1630 testimonieranno di questa terra mitica e idealizzata del passato, associando la loro opera pittorica a quei sentimenti che furono anche di Turner e di Joseph Severn, l’amico pittore di John Keats che lo accompagnò in Italia nel 1820 e ivi restò per tutto il resto della sua vita, visitando Roma, Civitavecchia e Tolfa, rendendone testimonianza con un epistolario dal 1867 al 1874.
(1) William Butler Yeats rimase per tutta la vita legato alla sua Irlanda divenendone il paladino poeta attraverso una tenace ricerca del linguaggio poetico, il mistero del quale viene espresso con immagini remote così come vuole la letteratura celta, sempre in bilico tra il simbolo come potenza dello spirito e la lotta esistenziale che vorrebbe dare una definizione sensuale del mondo. Legato al movimento simbolista la sua poesia giungerà alla sua anelata e inevitabile destinazione “al di sopra del mondo”.